sabato 1 novembre 2014

Capitolo 2

MIA


Entrò nell’ufficio, sbattendo la porta alle sue spalle e poggiò la borsa firmata Louis Vuitton sulla scrivania. Aver trascorso l’ultima settimana di agosto da sola, chiusa nella sua filiale dell’Adecco, la rendeva più irritabile del solito. Martina, la sua collaboratrice, era ancora in Calabria a godersi le sue vacanze. Non risultava di gran compagnia, ma almeno poteva divertirsi a comandarla e farsi preparare il caffè.
Appena si sedette sulla sua comodissima poltrona, qualcuno bussò alla porta. Essendo ancora da sola, fu costretta ad alzarsi.
All’ingresso, trovò un ragazzino, con un grosso ciuffo biondo, che reggeva un grazioso mazzo di fiori. «La signorina Mia?» Chiese con gentilezza.
«Sono da parte dello stronzo?» Non ci volle molto per intuire il mittente, visto la cospicua presenza di giacinti porpora, in segno di richiesta di perdono.
«Come? Non saprei.» Disse tentennando il ragazzino.
«Sì, sì. Te lo dico io. E’ un grande stronzo.» Asserì convinta Mia. «Grazie ciuffo.» Prese i fiori e sbatté di nuovo la porta.
Stava per liberarsene, quando si accorse della presenza di un bigliettino colorato. “Fammi vedere cosa avrebbe da dire.” Lo staccò e gettò il resto nel cestino.
Lesse nella sua mente il messaggio: “Ciao Ciccia, mi dispiace per l’ultima settimana, ho una gran voglia di vederti. Ti aspetto stasera al ristorante “Il Calamaro” alle 20:30. Ho prenotato il miglior tavolo solo per noi due. Sempre tuo.”
Armando era il suo amante da circa un anno. Era un imprenditore fiorentino di bell’aspetto che amava tanto viziarla quanto portarla a letto. Appena lo conobbe se ne innamorò perdutamente, era convinta che la sua sfortuna nel trovare un amore vero fosse svanita. Al contrario, ci volle solo un mese per scoprire di sua moglie e dei suoi due figli.
La loro tresca continuò inesorabilmente. Armando riusciva sempre a circuirla con le sue belle parole e a portarsela a letto. Era difficile rimanere indifferente al suo fascino. Ormai si era rassegnata; non avrebbe mai conosciuto l’amore puro e incondizionato che sognava di trovare giungendo a Firenze.
A inizio estate, con non poca insistenza, era riuscita a strappare ad Armando la promessa di una settimana di vacanze nel Salento tutta per loro. Invece, arrivati a fine agosto, il bastardo era partito con la sua famiglia, lasciandola sola con le sue misere aspettative. Per avvertirla, il vigliacco, aveva utilizzato un triste sms: “Amore sono partito con la mia famiglia. Starò fuori una settimana. Mi dispiace non averti potuto avvisare prima. Mi farò perdonare. Ti amo!”
Dopo quel vergognoso messaggio era diventata furibonda e non aveva più risposto ai suoi tentativi di contattarla. Aveva poi trascorso una pessima settimana, cercando di convincersi a chiudere la loro storia senza futuro.
Strappò il bigliettino colorato e pensò che fosse arrivato il momento di troncarla in maniera drastica. “Chi posso contattare per farlo fuori per sempre?” Pensò seriamente Mia.
Prese il cellulare e chiamò la sua amica Francesca, una fiorentina pazza e imprevedibile.
«Ciao Mia! Come va?»
«Hai capito lo stronzo?! Stasera mi ha invitato a cena.» Era furiosa.
«Che coraggio.»
«Doveva portare me in vacanza, invece ci è andato con la moglie. Ora pensa possa bastare una cena.»
«E tu non andarci. Stasera io e due amiche andiamo in un locale, dove si balla salsa. Dicono sia pieno di bei ragazzi. Vieni con noi e dagli buca.»
«No. Non se la può cavare così.»
«Allora andiamo a fargli prima un salutino.» Suggerì Francesca.
«Giusto! Dovremmo rovinargli quel suo bel visino.»
«Non ti preoccupare Mia, penso a tutto io. Ci vediamo stasera.»
«Grazie Francy.» Attaccò il cellulare con un sogghigno sulle labbra. “La pagherà quel bastardo.”

Francesca arrivò puntuale con la sua FIAT 500 Cabrio, sotto l’appartamento, dove Mia aveva vissuto da sola, dopo aver abbandonato la tenuta di famiglia nelle campagne senesi. Quella sera si erano unite a loro anche Simona e Paola, alle quali, in passato, aveva trovato rispettivamente un impiego da estetista e da parrucchiera, tramite la sua agenzia. Le tre ragazze cominciarono a chiamarla in maniera assordante dalla macchina, fin quando non la videro uscire dal portone con un look esplosivo. Il suo fisico slanciato era coperto soltanto da una minigonna a ventaglio e una camicetta velata che lasciava intravedere la schiena, mentre i lunghi capelli biondi le scendevano delicatamente sulle spalle, risplendendo nel buio della notte.
«Ciao ragazze. Ci si diverte stasera?» Salutò le amiche e si sistemò sul sedile posteriore accanto a Paola.
«Ci puoi contare Mia, sarà una serata da sballo.» Rispose Simona.
«Ragazze, non dimenticate che dobbiamo andare prima a sistemare lo stronzo.» Le riprese Francesca con tono serioso. «Marco mi ha procurato tre fucili carichi e pronti all’uso.»
«Lo sapevo che potevo contare su di te!» Esclamò soddisfatta Mia, guardando i due fucili appoggiati al sedile posteriore. Francesca alzò il volume dello stereo a palla e partì spedita verso il ristorante.
Appena furono lì fuori, Mia avvistò Armando che aspettava ansioso sul marciapiede, con indosso un vestito molto elegante, quasi da cerimonia.
«Eccolo lì!» Fece notare Mia.
Francesca accostò la macchina di fronte al mal capitato, senza spegnere il motore.
«Ciao stronzo!» Esclamarono in coro.
«Mia!» Rispose, sorpreso di vederla in macchina con le amiche.
«Armando. Sei stato eliminato.» Urlò Francesca. «Forza ragazze!»
Mia e le compagne si alzarono in ginocchio sui sedili e sfoderarono i loro fucili. Cominciarono a sparare a raffica. Le palline di vernice si proiettarono fuori dalla canna e andarono a schiantarsi contro la sua giacca da mille euro. Lui cercava di ripararsi il volto mentre le ragazze gli scaricavano contro l’intero caricatore. Il risultato furono chiazze di tutti i colori sul povero Armando, sul marciapiede e sulla vetrina del ristorante alle sue spalle. Mia non aveva mai visto un dipinto più bello.
«Andiamo!» Francesca partì a tutta velocità. Le tre ragazze salutarono il variopinto Armando con il dito medio alzato e si rimisero a sedere.
«Comodo avere un amico che gestisce un campo di paintball.» Esclamò Francesca, suscitando un’esplosione di risate.
«E ora tutte a ballare!» 

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