MIA
Entrò
nell’ufficio, sbattendo la porta alle sue spalle e poggiò la borsa firmata
Louis Vuitton sulla scrivania. Aver trascorso l’ultima settimana di agosto da
sola, chiusa nella sua filiale dell’Adecco, la rendeva più irritabile del
solito. Martina, la sua collaboratrice, era ancora in Calabria a godersi le sue
vacanze. Non risultava di gran compagnia, ma almeno poteva divertirsi a
comandarla e farsi preparare il caffè.
Appena
si sedette sulla sua comodissima poltrona, qualcuno bussò alla porta. Essendo
ancora da sola, fu costretta ad alzarsi.
All’ingresso,
trovò un ragazzino, con un grosso ciuffo biondo, che reggeva un grazioso mazzo
di fiori. «La signorina Mia?» Chiese con gentilezza.
«Sono
da parte dello stronzo?» Non ci volle molto per intuire il mittente, visto la
cospicua presenza di giacinti porpora, in segno di richiesta di perdono.
«Come?
Non saprei.» Disse tentennando il ragazzino.
«Sì,
sì. Te lo dico io. E’ un grande stronzo.» Asserì convinta Mia. «Grazie ciuffo.»
Prese i fiori e sbatté di nuovo la porta.
Stava
per liberarsene, quando si accorse della presenza di un bigliettino colorato.
“Fammi vedere cosa avrebbe da dire.” Lo staccò e gettò il resto nel cestino.
Lesse
nella sua mente il messaggio: “Ciao Ciccia, mi dispiace per l’ultima settimana,
ho una gran voglia di vederti. Ti aspetto stasera al ristorante “Il Calamaro”
alle 20:30. Ho prenotato il miglior tavolo solo per noi due. Sempre tuo.”
Armando
era il suo amante da circa un anno. Era un imprenditore fiorentino di
bell’aspetto che amava tanto viziarla quanto portarla a letto. Appena lo
conobbe se ne innamorò perdutamente, era convinta che la sua sfortuna nel
trovare un amore vero fosse svanita. Al contrario, ci volle solo un mese per
scoprire di sua moglie e dei suoi due figli.
La
loro tresca continuò inesorabilmente. Armando riusciva sempre a circuirla con
le sue belle parole e a portarsela a letto. Era difficile rimanere indifferente
al suo fascino. Ormai si era rassegnata; non avrebbe mai conosciuto l’amore
puro e incondizionato che sognava di trovare giungendo a Firenze.
A
inizio estate, con non poca insistenza, era riuscita a strappare ad Armando la
promessa di una settimana di vacanze nel Salento tutta per loro. Invece,
arrivati a fine agosto, il bastardo era partito con la sua famiglia,
lasciandola sola con le sue misere aspettative. Per avvertirla, il vigliacco,
aveva utilizzato un triste sms: “Amore sono partito con la mia famiglia. Starò
fuori una settimana. Mi dispiace non averti potuto avvisare prima. Mi farò
perdonare. Ti amo!”
Dopo
quel vergognoso messaggio era diventata furibonda e non aveva più risposto ai
suoi tentativi di contattarla. Aveva poi trascorso una pessima settimana,
cercando di convincersi a chiudere la loro storia senza futuro.
Strappò
il bigliettino colorato e pensò che fosse arrivato il momento di troncarla in
maniera drastica. “Chi posso contattare per farlo fuori per sempre?” Pensò
seriamente Mia.
Prese
il cellulare e chiamò la sua amica Francesca, una fiorentina pazza e
imprevedibile.
«Ciao
Mia! Come va?»
«Hai
capito lo stronzo?! Stasera mi ha invitato a cena.» Era furiosa.
«Che
coraggio.»
«Doveva
portare me in vacanza, invece ci è andato con la moglie. Ora pensa possa bastare
una cena.»
«E
tu non andarci. Stasera io e due amiche andiamo in un locale, dove si balla salsa.
Dicono sia pieno di bei ragazzi. Vieni con noi e dagli buca.»
«No.
Non se la può cavare così.»
«Allora
andiamo a fargli prima un salutino.» Suggerì Francesca.
«Giusto!
Dovremmo rovinargli quel suo bel visino.»
«Non
ti preoccupare Mia, penso a tutto io. Ci vediamo stasera.»
«Grazie
Francy.» Attaccò il cellulare con un sogghigno sulle labbra. “La pagherà quel
bastardo.”
Francesca
arrivò puntuale con la sua FIAT 500 Cabrio, sotto l’appartamento, dove Mia
aveva vissuto da sola, dopo aver abbandonato la tenuta di famiglia nelle
campagne senesi. Quella sera si erano unite a loro anche Simona e Paola, alle
quali, in passato, aveva trovato rispettivamente un impiego da estetista e da
parrucchiera, tramite la sua agenzia. Le tre ragazze cominciarono a chiamarla in
maniera assordante dalla macchina, fin quando non la videro uscire dal portone
con un look esplosivo. Il suo fisico slanciato era coperto soltanto da una
minigonna a ventaglio e una camicetta velata che lasciava intravedere la
schiena, mentre i lunghi capelli biondi le scendevano delicatamente sulle
spalle, risplendendo nel buio della notte.
«Ciao
ragazze. Ci si diverte stasera?» Salutò le amiche e si sistemò sul sedile
posteriore accanto a Paola.
«Ci
puoi contare Mia, sarà una serata da sballo.» Rispose Simona.
«Ragazze,
non dimenticate che dobbiamo andare prima a sistemare lo stronzo.» Le riprese
Francesca con tono serioso. «Marco mi ha procurato tre fucili carichi e pronti
all’uso.»
«Lo
sapevo che potevo contare su di te!» Esclamò soddisfatta Mia, guardando i due
fucili appoggiati al sedile posteriore. Francesca alzò il volume dello stereo a
palla e partì spedita verso il ristorante.
Appena
furono lì fuori, Mia avvistò Armando che aspettava ansioso sul marciapiede, con
indosso un vestito molto elegante, quasi da cerimonia.
«Eccolo
lì!» Fece notare Mia.
Francesca
accostò la macchina di fronte al mal capitato, senza spegnere il motore.
«Ciao
stronzo!» Esclamarono in coro.
«Mia!»
Rispose, sorpreso di vederla in macchina con le amiche.
«Armando.
Sei stato eliminato.» Urlò Francesca. «Forza ragazze!»
Mia
e le compagne si alzarono in ginocchio sui sedili e sfoderarono i loro fucili.
Cominciarono a sparare a raffica. Le palline di vernice si proiettarono fuori
dalla canna e andarono a schiantarsi contro la sua giacca da mille euro. Lui
cercava di ripararsi il volto mentre le ragazze gli scaricavano contro l’intero
caricatore. Il risultato furono chiazze di tutti i colori sul povero Armando,
sul marciapiede e sulla vetrina del ristorante alle sue spalle. Mia non aveva
mai visto un dipinto più bello.
«Andiamo!»
Francesca partì a tutta velocità. Le tre ragazze salutarono il variopinto Armando
con il dito medio alzato e si rimisero a sedere.
«Comodo
avere un amico che gestisce un campo di paintball.» Esclamò Francesca,
suscitando un’esplosione di risate.
«E
ora tutte a ballare!»
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